Accesso abusivo a sistema informatico con le chat di whatsapp e impiego delle chat nel giudizio di separazione

accesso abusivo whatsapp

Lo scorso 23 maggio la Corte di Cassazione ha depositato la sentenza n. 19421 in cui ha affermato che l’intrusione nel sistema applicativo di WhatsApp rientra nell’alveo della tutela apprestata dall’art. 615-ter c.p. – accesso abusivo a sistema informatico – in quanto sistema informatico.

La vicenda

L’imputato – coniuge in corso di separazione – si era impossessato dei due telefoni cellulari della ex moglie e, nonostante la protezione dei dati a mezzo password, aveva estratto alcuni messaggi WhatsApp che la stessa aveva scambiato con altra persona ed il registro delle chiamate con costui e li aveva consegnati al proprio legale per farne uso nel giudizio civile nell’ottica di una pronuncia di addebito della separazione. La moglie lo ha querelato per vari reati, tra cui accesso abusivo a sistema informatico.

Il ricorso per cassazione

Condannato in I e II grado, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, deducendo molteplici motivi, tra i quali l’insussistenza di prova del reato di accesso abusivo a sistema informatico e la tardività della presentazione della querela.

Il termine per la proposizione di querela

La Suprema Corte ha puntualizzato che il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha la conoscenza certa, sulla base di elementi seri e concreti, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva. Nel caso di specie è stato ritenuto che la persona offesa avesse tratto consapevolezza del delitto solo nel momento in cui l’ex marito ha utilizzato processualmente i dati, sicché la proposizione di querela subito dopo è stato giudicato tempestiva.

L’abusività dell’intrusione

La Corte di Cassazione ha precisato anche che l’abusività della condotta penalmente sanzionata risiede nella violazione della protezione del sistema che nella fattispecie era avvenuta tramite impostazione di password. L a persona offesa aveva dichiarato che i due telefoni cellulari fossero protetti da password ed ella è stata ritenuta credibile.
Questa è pertanto prova valida per reputare che l’imputato ha effettuato un’intrusione senza autorizzazione nei cellulari della persona offesa: infatti l’ex marito ha posto in essere una condotta di violazione dello spazio comunicativo privato di cui solo la moglie era titolare, con connesso diritto di escludere gli altri, in quanto abbinato a telefoni cellulari nella sua esclusiva disponibilità e protetto da password. Questo comportamento integra il reato di accesso abusivo a sistema informatico.

L’impiego delle chat di WhatsApp nella causa di separazione

Gli Ermellini hanno altresì puntualizzato che gli scopi e le finalità che soggettivamente hanno motivato l’ingresso al sistema non hanno rilievo. L’utilizzo delle chat di WhatsApp nel giudizio di separazione perciò non configura una causa di giustificazione ed è penalmente rilevante.

WhatsApp costituisce un sistema informatico

La Corte di Cassazione ha ritenuto che WhatsApp possa essere considerato un sistema informatico, essendo un’applicazione software progettata per gestire la comunicazione tra utenti attraverso messaggi, chiamate e videochiamate, utilizzando reti di computer per trasmettere dati, combinando hardware, software e reti per offrire il suo servizio. Pertanto ha concluso che questa applicazione rientra nell’ambito di protezione della norma.

Conclusione della vicenda

Il ricorso dell’imputato è stato rigettato in relazione a questi punti.

Lo studio legale Dal Pozzo di Milano presta la propria assistenza a soggetti privati, enti ed imprese anche in tema di reati informatici.

Condividi

Studio Dal Pozzo

Avvocato penalista Milano

Avv. Licia Dal Pozzo