Il 28 agosto la Corte di Cassazione ha depositato la sentenza n. 33230 in tema di revenge porn e stalking.
Revenge porn: La vicenda
Il ricorrente era stato condannato per i reati di atti persecutori e diffusione illecita d’immagini o video sessualmente espliciti, commessi ai danni di persona legata a costui da una relazione sentimentale extraconiugale: l’imputato, insofferente alla decisione della persona offesa di troncare il rapporto sentimentale, ha preso a molestare e minacciare ripetutamente l’incolumità di costei e a ingiuriarla, nonché a prospettare di rivelare tutto ai suoi due figli e al marito, attuando il proposito, con l’invio ai primi, oltre che di messaggi offensivi nei confronti della madre, di foto dai contenuti sessualmente espliciti. Da tale comportamento è derivato un grave stato d’ansia della persona offesa e un radicale mutamento delle sue abitudini di vita, con l’interruzione della convivenza matrimoniale e la necessità per la persona offesa di andare a vivere dalla madre.
Il ricorso per Cassazione
Il prevenuto ha presentato ricorso per Cassazione, adducendo molteplici motivi di impugnazione. Quelli di maggior rilievo: se l’invio della foto ai figli della persona offesa abbia una connotazione diffusiva, visto che l’imputato, inoltrandogliela, aveva la certezza che costoro non l’avrebbero a loro volta diffusa; se sussista il dolo specifico di aver agito con la finalità di recare nocumento alla persona offesa; se il reato di stalking assorba quello di revenge porn, così da determinare un reato complesso e non due diversi delitti: in particolare il delitto di stalking conterrebbe oltre ai reati di minaccia o di molestie, anche il delitto di revenge porn, sicché il reato di revenge porn sarebbe interamente contenuto nel più ampio e grave reato di atti persecutori, rappresentando un elemento della serie di atti persecutori attuati dal reo.
La fattispecie penale di revenge porn
Con il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti il codice penale punisce chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena che può essere applicata è la reclusione da uno a sei anni e la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La decisione della Suprema Corte
La Suprema Corte ha chiarito che integra un invio rilevante ai fini della configurabilità del delitto di revenge porn quello che venga effettuato verso chiunque, purché senza il consenso della persona ritratta, da parte di chi, in qualsiasi modo abbia acquisito l’immagine o il video a contenuto sessualmente esplicito.
Il reato, infatti, è configurabile come istantaneo e si consuma nel momento in cui avviene il primo invio dei contenuti sessualmente espliciti, non importa se diretto a familiari della vittima, che possano, eventualmente, avere interesse a non alimentare una successiva diffusione.
Invero, con il primo invio, la diffusione è già avvenuta, per quanto stabilito dalla disposizione incriminatrice.
Circa l’elemento soggettivo della figura incriminatrice, il Collegio ha specificato che il dolo specifico è provato: risulta infatti accertato che l’invio della foto a contenuto sessualmente esplicito della persona offesa è stato effettuato dal ricorrente evidentemente senza il suo consenso, proprio con la finalità di provocarle un nocumento, costituito dal minarne la reputazione aggredendone la moralità con offese ed ingiurie dirette anche ai suoi figli ed al marito, informandoli della relazione extraconiugale tra lei ed il prevenuto, mosso, nel suo agire, per di più, nel caso di specie, da quel finalismo ulteriore e tipico del cd. revenge porn, dato dalla vendetta nei suoi confronti ed integrato dal movente di punirla per aver deciso unilateralmente di interrompere il rapporto tra loro.
Il concorso tra il reato di stalking e quello di revenge porn
La Suprema Corte ha precisato che il confronto tra fattispecie astratte rende ragione del fatto che si verte nell’ipotesi del concorso di reati e non di reato complesso: i due reati differiscono, in primo luogo, per ciò che riguarda le condotte incriminate, costituite nello stalking da comportamenti minacciosi o molesti e nel revenge porn nella diffusione di immagini a contenuto sessualmente esplicito (in assenza del requisito della violenza o della minaccia).
In secondo luogo sono diversi gli eventi, ravvisabili per lo stalking nell’induzione nella vittima di stati di ansia, paura o timore per l’incolumità propria o di congiunti, ovvero nella costrizione della persona offesa all’alterazione delle proprie abitudini di vita; eventi all’evidenza non richiesti per la configurabilità del revenge porn.
Sono altresì differenti i beni giuridici tutelati: il revenge porn si atteggia quale reato plurioffensivo, incidendo anche sulla privacy della persona offesa, nonché sulla sfera sessuale.
Dirimente, quanto all’esclusione dell’ipotesi del reato complesso, è poi la considerazione che, affinché si realizzi tale fattispecie, il fatto deve essere previsto dalla norma incriminatrice, che si assume configurare un reato complesso, quale elemento necessario della relativa fattispecie astratta, non essendo rilevante l’eventuale sua ricorrenza, nel caso concreto, quale occasionale modalità esecutiva della condotta.
Nel caso che ci occupa, nel ricorso si assume che tra le condotte di stalking vi fosse anche quella del revenge porn, ma si tratta di un’occasionale modalità esecutiva della condotta e non un elemento necessario della fattispecie astratta.
Pertanto gli Ermellini hanno affermato che il reato di stalking non assorbe il reato di revenge porn: i due reati differiscono per le condotte incriminate, gli eventi richiesti, e la tutela dei beni giuridici, e pertanto concorrono tra loro anche quando le condotte di revenge porn incidono sulla libertà morale della vittima.
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